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Peter Eisenman

Eisenman ritiene che quanto iniziato dal movimento moderno non ha potuto completarsi in maniera definitiva in quanto vi era un’eccessiva dipendenza dalla funzione, dalla struttura e dal luogo. Egli propone di liberare l’architettura da queste costrizioni in modo che sia “se stessa”. Secondo Eisenman l’architettura non deve avere caratteristiche semantiche. La forma è la chiave di tutto. L’architetto deve essere in grado, attraverso il metodo, di trovare la forma, il colore, la trama, ecc. adeguati al progetto che sta studiando. Egli introduce di conseguenza concetti quali addizione, sottrazione, pieni e vuoti, rotazioni e traslazione, strati e livelli, spostamenti, ecc.
Dunque, l’architettura è tutta da inventare, tutta nuova e non deve avere dei riferimenti a elementi esterni ad essa. Questo modo di procedere sarà supportato dalla stesura del modo operantis, definito “process” necessario a descrivere il concetto generatore (che il progetto non è in grado da solo di comunicare).
Il processo è per Eisenman la sostanza dell’architetura, (e non nell’opera realizzata) egli infatti conierà il termine “cardboard architecture” (architettura di cartone) in relazione ai diversi modelli utilizzati per arrivare all’opera definitiva (process).
Le tracce del metodo indicato da Eisenmann è ancora oggi parte dei metodi utilizzato dalla maggior parte degli architetti. Evidentemente non è stato inventato da Eisenmann, di sicuro lui lo ha formulato e messo in pratica in maniera chiara.

ARCHITETTURE

«L’invidia Fratel mio se stesso lacera.» Francesco Borromini (1648)